Recensioni

IL VOYEUR, Alain Robbe-Grillet

Il Voyeur (Nonostante Edizioni, 2013)

Lo spazio bianco di Alain Robbe-Grillet
di Giuseppe Casa

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Mathias, il commesso viaggiatore che ritorna sull’isola che l’ha visto bambino è un guardone o un assassino? L’autore salta di proposito l’incontro con Jacqueline, la pastorella, giovane-strega dal temperamento avventuroso che cova dentro la mala-femmina, poi ritrovata cadavere. Mathias si sarebbe limitato a osservare, seppure con tanta morbosità e piacere perverso, la scena di violenza sadica commessa da altri o semplicemente immaginata da lui stesso? Il Voyeur è un giallo atipico del 1955 di Alain Robbe-Grillet, pubblicato per la prima volta da Les Editions de Minuit e oggi ristampato coraggiosamente da Nonostante Edizioni, con un saggio di Roland Barthes.
Nella storia la precisione delle descrizioni assume risonanze allucinatorie, le stesse contraddizioni del racconto, il tornare ostinatamente sugli stessi nuclei narrativi, sugli stessi episodi, sembrano rimandare a una soggettività lacerata. Ma qui c’è un rifiuto della psicanalisi. L’esercizio continuo del mentire è la sola funzione psicologica che possiamo concedere a Mathias. La sua colpevolezza è solo intellettiva e non morale a differenza di ciò che accade in Delitto e castigo. La piccola comunità dove si svolge la storia è una società patriarcale, dove i rapporti sessuali sono rapporti di potere, di appropriazione e di consumo, la cui posta in gioco è il corpo femminile.
La costellazione delle circostanze che hanno accompagnato il ritrovamento del cadavere della tredicenne Jacqueline non è così sospetta, così fuori dal normale, da portare facilmente a imboccare la pista delle ricostruzioni delittuose. Le circostanze nascono solo nella mente tormentata e prevenuta di Mathias, il quale esagera il peso degli indizi statisticamente suscettibili di essere riportati entro il profilo di un decorso accettabile, verosimile, non particolarmente inquietante. Quindi, il delitto, se esiste, esiste solo nella coscienza tormentata del protagonista, mentre non ha riscontri pubblici esteriormente accettabili. Anche perché : “la visita della scogliera era durata fin troppo per poterla riassorbire in quel modo. Nell’impiego del tempo, restava sempre una spazio bianco…”  pag. 172.
La grandezza di Robbe-Grillet sta a mio avviso nell’aver saputo raccontare questo spazio bianco, dove il Voyeur (o Voyager) è contornato da ombre in cui si acquattano mostri ripugnanti, fantasmi inauditi che appartengono (o dovrebbero appartenere) all’autore, originano dalla sua storia, dalla sua mente, dal suo inconscio, non più (o non più solo) dall’arsenale psicosessuale della società, le cui figure trionfano già in quegli anni, sui muri, sugli schermi televisivi e cinematografici, nella loro totale assenza di mistero. Spesso nei romanzi di Robbe-Grillet si parla di autobiografia sui generis. “Non ho mai parlato d’altro che di me” dice l’autore in un altro suo famoso romanzo. Forse Mathias è un perturbante alter ego dello scrittore? Io penso di sì. Come, per far un esempio, Thomas, il protagonista del film La Venere in pelliccia è un perturbante alter ego  di Roman Polansky nel suo recente film. L’espressione di una persona che è al tempo stesso un corpo, una proiezione intenzionale e un inconscio. Perché è così che funziona con l’arte. L’unico viaggio interessante è quello negli abissi dell’Io. Ovviamente sappiamo con certezza di non conoscere mai pienamente noi stessi, ma questo, chissà come, non attenua l’urgenza del viaggio.

 

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 Giuseppe Casa, scrittore, ha publlicato fra gli altri: Veronica dal vivo (Transeuropa 1998 – Baldini Castoldi Dalai 2004), La notte è cambiata (Rizzoli 2002), I persecutori (Transeuropa 2006), Pit Bull (Nuovi Equilibri 2007, Ladolfi Editore 2013), La donna del lago (Lite Editions 2012), Blues (Koi Press 2012), Metamorph (Foschi 2013).

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Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, E.A.Paul si trovò trasformato in Enrico Beruschi
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