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Monotonix @Big Bang, Roma

monotonix – 05 – set me freeSiamo andati a vedere i monotonix, il ragazzo che ha organizzato il concerto è un amico e i biglietti me li ha praticamente regalati.
Mi ha chiesto solo di fare la tessera socio per il locale.
Un paio di euro.
Monotonix@Big Bang! La zona è quella del testaccio!
Porto con me un amico: non è il tipo da concerto metal, ma è da parecchio che non ci vediamo.
Una scusa come un altra per uscire insieme.
Ci sentiamo, ci mettiamo daccordo per incontrarci alla fermata della metro più vicina al locale.
A roma piove spesso, e non abbiamo un ombrello.
Nemmeno un’ idea certa di dove si trovi il locale.
Conosciamo il nome del posto e l’indirizzo, e sappiamo la zona in cui si trova , ma non ci siamo mai stati.
Chiediamo indicazioni.
Chiedere indicazioni in una metropoli, è come giocare al lotto, sono poche le possibilità di trovare qualcuno che sappia davvero come spiegarti bene dove arrivare.
Le zone ricche di locali pullulano di ragazzi che chiedono indicazioni:
– Scusa sai dov’è il Big Bang
– L’alpheus?
– Il circolo degli artisti, è in zona?
– Dove siamo?
– Per la locanda Atlantide?
Il più delle volte la risposta è che ci sei vicino, ma di preciso non sanno mai nulla.
Mentre continuiamo a chiedere,e ci dirigiamo più o meno in direzione corretta, ci imbattiamo in un gruppetto di tre ragazze, russe o forse olandesi, palesementre ubriache, palesemente predisposte a divertirsi.
Il problema è che sono accompagnate da un ragazzo, anche lui palesemente disposto a divertirsi, e palesemente finocchio!
Ci chiedono dove siamo diretti, vogliono sapere dov’è il locale che gli hanno consigliato.
Facciamo una breve tratta insieme, praticamente dobbiamo arrivare nello stesso posto.
I locali in zona testaccio sono tutti vicini.
Facciamo le solite battute da italiani vitelloni. Facciamo i brillanti.
Vogliono venire con noi, a vedere i monotonix, non li conoscono, ma capiamo di piacergli; tuttavia la remota possibilità di essere coinvolti in qualche giochino il cui climax consiste nel prendercelo nel culo dal compagno russo, non ci piace.
Riusciamo a farle desistere.
Gli indichiamo il loro locale.
Noi deviamo di qualche centianaio di metri.
Ci guardano; il compagno russo è convinto di poterci sodomizzare.
Noi aumentiamo il passo, praticamente scappiamo da loro .
Ci rendiamo conto, però di aver sbagliato: erano ubriache e straniere, e volevano seguirci, il 99% dello sforzo era praticamente già fatto.
Omofobia del cazzo.
Un concerto metal non è certo il posto più adatto per rimorchiare.
Non ci incontri la ragazza da presentare a casa.
Non mi importa di portare a casa nessuno, ma non sarebbe male trovare qualcuna per la serata; senza rischi.
Mentre siamo in fila per entrare, vediamo i tre membri del gruppo fumare tra la gente che aspetta; entrano ed escono dal locale con la strumentazione.
É bello che non se la tirano, penso.
Sono tre capelloni, due dei quali baffuti alla super mario, su wikipedia ho letto che vengono da tel aviv e che sono “famosi” per i loro live.
Entriamo, diciamo di essere tra gli accrediti.
Ci dicono che dobbiamo tesserarci.
Due euro a testa.
Paolo e Giuliano, oggi soci.
Una volta dentro sentiamo una strana musica provenire dal cuore del locale, due dei tre monotonix sono ancora fuori; quindi non sono loro a suonare.
Tre ragazze sul palco, producono un suono tremendo, simile ai piatti quando ci gratti sopra con le posate, solo che è tutto sintetizzato, tutto elettronico.
La ragazza col microfono gorgoglia sempre più forte, urla!
Sembra Demetrio Stratos con le coliche, Bjork ubriaca e sofferente.
Fisicamente, ricorda Orietta Berti.
Le due musiciste alle sue spalle sono asiatiche.
Staranno sperimentando!?
Fanno schifo e non lo sanno, penso.
Lo dico pure.
Giuliano fa un cenno con la testa, ed è già sulla prima birra.
Le ragazze ricevono un applauso tiepido, quando lasciano il palco.
Il mio amico già mi guarda male: non lo dice , ma pensa “ ma dove cazzo mi hai portato?”.
Poi, lo dice pure !
Ci prendiamo una birra , lui la sua seconda rossa, io una bionda.
-“Due zeroquattro. Fredde!”
I ragazzi di Tel Aviv prendono gli strumenti.
Senza un apparente soundcheck, portano tutto al centro della sala.
Il frontman urla qualcosa in un italiano imparato pochi istanti prima.
Canta “volare oo cantare oo” con un accento a metà tra l’inglese e il russo.
Fa il simpatico.
Poi silenzio.
Tre
Due
Uno
Cominciano a suonare come i forsennati.
Sono solo in due a suonare : una chitarra e una batteria di pochi pezzi , eppure fanno un casino assurdo.
Il batterista ha una catena al collo, di quelle con cui si legano i motorini, ed è coperto solo da un paio di boxer colorati e da una fascia per capelli, come quelle dei giocatori di basket.

Il cantante è praticamente nudo: uno slip rosso, che abbassa, una canzone si e una no!
Ogni tanto si infila l’asta del microfono tra le fette del culo.
Solo il chitarrista ha preferito coprirsi con una maglietta a maniche lunghe.
Paura dei crampi.
Dopotutto fa freddo, anche se dentro il locale “the roof is on fire” come si direbbe in america.
Sono una sorpresa continua, coinvolgono il pubblico, si lanciano sulla folla da qualsiasi postazione; completamete unti di sudore appiccicaticcio.
Mi piace la parola “appiccicaticcio”.
Noi brindiamo e mastichiamo qualche parola in inglese, alla loro salute, anche se le canzoni non le conosciamo.
A un certo punto il chitarrista comincia a suonare su un tavolo minuscolo, del diametro di poche decine di centimetri mentre il cantante si appropria della zona bar, cominciando a lanciare sulle persone in sala , nell’ordine: bicchieri di plastica vuoti, bicchieri di plastica sporchi, zollette di zucchero, fette d’arancia, ciliegine al maraschino, cannucce.
Il batterista continua a colpire senza tregua la pelle dei tamburi.
Un tizio si lancia per terra e comincia pulire il pavimento con la schiena, si dimena, grida, raptus di estasi.
Di extasy forse.
Tra la folla ci sono anche i metallari: quelli stereotipati, quelli con i capelli lunghi lisci, senza e con le doppie punte, con e senza barba.
Pallidi.
Bracciali con le borchie, magliatta dei megadeath o dei motorhead.
Maglietta dei pantera.
Sono innocui: dondolano sulle gambe , abbassano il capo, alzano un pugno e fanno le corna.
Sono rock-addicted!
Rock innocuo!
Noi siamo ubriachi, lo capisco dagli occhi rossi del mio amico, che ormai è quasi completamente nudo anche lui: si è tolto la maglietta e i pantaloni sono sbottonati e sotto le ginocchia .
Cerca di pogare, quasi da fermo, anche quando la musica si ferma in quei pochi istanti di tregua.
Io ho perso il cappello, e credo di essere ubriaco anch’io perche cerco gli occhiali e scoprirò solo a concerto concluso, di averli sul naso.
Le ragazze , anche loro sono in reggiseno,c’è pure chi aveva preventivamente messo il bikini sotto.
É tutto bagnato; tutto unto.
Un delirio di urla, note metal, che alla fine tanto metal non sono.
Fermandosi ad ascoltare, sono più grounge di quanto mi aspettassi.
Alla fine del concerto: la mia maglietta, bianca, è ormai trasparente, lascia intravedere la pelle floscia, e più nettamente i capezzoli duri per il freddo.
É una brutta immagine lo so , ma è così.
Compro il vinile: non ho nemmeno pagato il biglietto.
Me lo faccio autografare, sono sudati da fare schifo, ma ridono e sono soddisfatti.
Ciancico un “Best show ever”, tra vapori alcolici e puzza di ascelle.
Il mio amico non lo trovo più.
Devo essermelo perso mentre fregavo la penna al ragazzo del bar: non c’ha voluto offrire neanche uno shot di vodka.
Prima di cercarlo e di uscire, vado in bagno, siamo in quattro, eppure sono l’unico che fa pipì.
Quando torno in sala Giuliano è con la faccia sul tavolino in fondo, in compagnia di tre ragazze straniere.
Tre modelle.
Bravo Giuliano.

visitate :  http://www.myspace.com/monotonix : i monotonix saranno in italia prossimamente, se potete, non perdeteli!

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About E. A. Paul

Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, E.A.Paul si trovò trasformato in Enrico Beruschi
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