Trashic

Non Voglio Più Leggere

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Qualcuno mi ha chiesto cosa determina il successo di un libro in Italia. Se mi avessero chiesto come si abbatte il capitalismo o quale tipologia di donna pratica meglio la fellatio avrei saputo rispondere ma questa domanda è veramente difficile. Non sono un critico letterario e non so niente di tirature o di marketing.  Non credo che in Italia ci siano stati libri di conclamato successo negli ultimi anni. Oggi sono pochi a leggere. Il fatto è noto. E i lettori vanno recuperati fra gli amici e i parenti. E certamente non si può imporre alla gente di leggere se alla lettura preferisce i blog, le serie tv o i cocktail analcolici a base di cannella. Gli unici libri che vendono qualche copia sono quelli che affrontano tematiche sociali, i problemi sensibili della società globalizzata. Ma per vendere devono avere un alibi, qualcosa che stimoli la tenerezza, la benevolenza o il riso del pubblico come accade su Facebook quando aggiorni il tuo stato con la foto di un cucciolo di pastore maremmano o di un pinguino nella tua piscina o qualche mamma che ha deciso di mostrare il pancione. Ricevi subito un mucchio di like e cuoricini. Devi essere un mostro d’insensibilità per non mettere un like a un cucciolo di facocero. Credo che cose simili accadano con i libri. Se scrivi un romanzo e ci metti dentro uno spot alla Save the Children o dei cuccioli di esseri umani maltrattati, con dei bulletti di periferia che fanno la fine che si meritano, ecco, questa potrebbe essere una formula magica per arrivare al successo. In Italia abbiamo molti casi di questo tipo, che rientrano a pieno titolo nell’alveo della tradizione narrativa. Per fare qualche esempio: “Io non ho paura” di Niccolò Ammaniti, è un romanzo dignitosissimo e supervenduto che affronta i temi della criminalità e della povertà nel Sud Italia, raccontato dal punto di vista di un bambino. Questo libro è un perfetto esempio di lavoro sul cyberbullismo per la Buona Scuola. Mi vengono in mente altri libri di successo del passato recente, come “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, “La Solitudine dei numeri primi”, oppure i libri di Stefano Benni sul versante  comico-farsesco. Libri esemplari, tutti presenti nei progetti dei tutor scolastici con master in psicologia. Forse, gli autori credevano di esprimere qualcosa che li riguardasse intimamente? Onestamente, non posso fare a meno di pensare che molti libri sembrino scritti e pensati per la scuola.  Quali temi promuove la scuola? Droga, bullismo, cyberbullismo, famiglia, educazione civica, amicizia, amore romantico, fedeltà, diritto delle donne, senso delle istituzioni. Sembra un programma politico per vincere le elezioni oppure un premio al Quirinale, dal Capo dello Stato. La realtà irrompe su queste pagine travolgendo la distinzione fiction/nonfiction, che viene digerita, remixata e restituita sotto forme ambigue: dal personal essay al saggio lirico, dal memoir di matrice storica, con ampia facoltà d’invenzione, all’autobiografismo, con licenza d’immaginazione, dalle tesine di scrittura di universitarie bene, che si sono fatte un giro in un bordello svizzero per vedere come non vengono rispettati i diritti delle donne, all’ennesima giovane autrice in guepière sadomaso che, sotto pseudonimo, va in giro  a presentare le sue performance sessuali.

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Non mi è chiaro cosa dovrebbero rivelare sulla condizione umana narrazioni simili. Oppure sono così ingenuo che non colgo il metasenso? Quale emozione o quale insegnamento trarne se non quello di cui parlano? Spesso monnezzoni di cinquecento pagine che la gente si sciroppa volentieri se si tratta di salvare qualche “cucciolo”.  Ora, può darsi che non sia tutto così penoso, che ci sia qualche autore, qualche libro degno di nota (non leggo tutto). Io ammiro soprattutto i libri che scandagliano la coscienza dell’autore, che non solo pagina dopo pagina ma riga dopo riga mettano a fuoco quello che importa veramente allo scrittore, portarmi in un luogo dell’anima dove non sono mai stato, o non andrei; non voglio esperienze di seconda mano, non voglio sfoggio di giochi di prestigio da quattro soldi.
“Non voglio più leggere nessun autore, di cui si nota che voleva fare un libro: ma solo quelli i cui pensieri sono diventati casualmente un libro”. (Friedrich Nietzsche. Umano, troppo umano, 1878).

 

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Giuseppe Casa, scrittore, ha publlicato fra gli altri: Veronica dal vivo (Transeuropa 1998 – Baldini Castoldi Dalai 2004), La notte è cambiata (Rizzoli 2002), I persecutori (Transeuropa 2006), Pit Bull (Nuovi Equilibri 2007, Ladolfi Editore 2013), La donna del lago (Lite Editions 2012), Blues (Koi Press 2012), Metamorph (Foschi 2013), Io non Sono Mai Stato Qui (Clown Bianco 2017)

 

 

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