Lettera 22, Zozzerie

Il balcone di Giulietta

bandiera grecia

Ricordo quando andai a Lione a trovare una mia amica in Erasmus. Lo ricordo benissimo, perché era qualche giorno fa. Andai armato delle migliori intenzioni: sedici preservativi. Non per la mia amica, ovviamente. Credo che sia uno dei pochi esseri femminili che non mi scoperei neanche da ubriaco, e non perché sia cessa.
Comunque, lei sapeva che volevo scopare. Perciò tutta fiera mi comunicò che il giorno dopo saremmo andati a una festa Erasmus, a casa di una possibile preda. Una greca di vent’anni che conobbi qualche ora più tardi. Brutta come poche, ma con due tette stratosferiche.

Il Musik è sensibile alle tette. Il Musik ha avuto donne più o meno di tutte le taglie, dalla prima alla sesta. Il Musik ritiene la quarta una giusta misura. Il Musik non riesce a capire l’affermazione “per la sua statura, quelle tette sono esagerate”. Il Musik non comprende l’espressione “quelle tette sono esagerate”, se non come commento d’approvazione.

Arrivo a questa festa di italiani, greci, belgi belghi o come cazzo si dice, un francese con una faccia da cazzo e forse anche basta. Parlano inglese con me, che carini. Siccome non si arriva a mani vuote, abbiamo portato quindici euro di birra, equamente ripartita tra birra ignorante a otto gradi, Heineken, Desperadoz (cioè labirrapiùbuonadelmondo) e Adelscott. Comincio con la prima e faccio una rapida scorsa delle femmine nella sala:
la padrona di casa greca con le tette stratosferiche
la mia amica che però per me è anatomicamente assimilabile a una barbie
una tizia che boh, sembra carina ma piccolina
una tizia alta che sembra parecchio carina ma no, insomma, si vede che è una di quelle che al primo appuntamento non te la smollano, figurati ad una festa
una tizia bassottina coi capelli corti che odora di lesbica lontano un miglio
una tizia dall’aria non troppo femminile, capelli meshati, troppo pomo d’adamo, che mi accorgo però essere il francese con la faccia da cazzo di cui sopra.

Decido che al massimo potrei tentarmi la greca, che è molto freak, non foss’altro che c’è un tizio che ogni cinque minuti si avvicina per darle un bacino. Quella è prenotata. Così mi do al rosè portato da delle ospiti, ergo torno alla birrapiùbuonadelmondo, quindi la greca mi passa davanti e si versa, con orrore, Coca Cola. Ma che cazzo! La redarguisco e lei mi mostra cosa sta bevendo, servendomene un bicchiere. Diciamo 4/5 di rum e il resto (1/5, per i pignoli) coca cola. Cosa faccio, mi rifiuto? Poi torno alla birra. Poi al rosè. Poi un’altra di quella roba che è una sorta di cuba-libre per lo stupro. E mentre sono lì che sto parlando della rivoluzione russa con la mia compagna greca ed un sorriso vitreo in volto, ecco l’amico dei baci che le dà una sigaretta, ci fa alzare entrambi e mi intima di accompagnarla sul balcone “a fumare”.

Finalmente soli, nell’aria gelida della notte francese, io con addosso solo una polo, lei una roba non meglio identificata. La guardo negli occhi. È bellissima (no, non lo è). Mi avvicino dolcemente e la bacio lievemente sulle labbra. E se ci avete creduto, poi ve ne racconto un’altra.
Quel che ricordo, più o meno, in sequenza:

  •  la mia mano che si reggeva al parapetto per paura di cadere dal settimo piano;
  •  qualcuno che ci sfila dietro, salutando. Bonne soir. Je suis desolé;
  •  un gruppo di una decina di studenti che ci osserva divertito;
  •  io che penso “uh, me la sto facendo”. Diverse volte, sempre stupito. Credo fossero microamnesie;
  •  io che sento i suoi capezzoli tra le dita;
  •  io che mi inginocchio a baciarle la scollatura;
  •  noi due che sbandiamo per terra. Questo spiega i miei graffi;
  •  io che la giro e… vabbè, insomma, non entriamo nei dettagli (e le sgrilletto il clitoride);
  •  noi due giù, fuori dalla residenza (non riesco a ricordarmi come cazzo ci arriviamo);
  • io che cerco di dirle che voglio scoparla, dopo la festa. Lei che cerca di dirmi che non ha capito. Io che cerco di dirle che non ho capito quel che mi ha appena detto;
  • noi due che cerchiamo di rientrare nella residenza, senza riuscirci;
  •  noi due che rientriamo nella residenza;
  •  io che mi siedo su una sedia, alla festa. Guardo la mia amica, guardo un mio amico e dico loro: “devo vomitare”;
  •  io che vomito;
  •  io su una vasca da bagno;
  •  io che vomito ancora;
  •  io che dico “je suis desolè”;
  •  io che vomito ancora e ancora;
  •  io che dico “portatemi a casa”;
  •  un taxi;
  •  il tassista che mi chiede se sto a posto, chiamandomi “amico mio”. Io che rispondo che “je suis fatigué”;
  •  io che sputo in una busta. Il tassista che si ferma e mi porge un fazzoletto;
  •  esco dal taxi. Mi prendono il portafoglio. Pagano;
  •  io che biascico un “merci begekajhgerup”. Gli amici ridono;
  •  io che arrivo a casa e mi levo le lenti in un sol colpo, roba che da sobrio ci metto millenni;
  •  io che mi infilo il pigiama, tre secondi con vento a favore.

Il Musik ha ventiquattro anni e si è ubriacato come una ragazzina, perdendosi una gran scopata che a dirla tutta neanche avrebbe potuto portare in porto, vista la quantità abnorme di alcol in circolazione.
Ho riparlato con la greca. Non si ricordava un cazzo di nulla. È abbastanza ovvio quel che sto cercando di dirvi: se andate in Erasmus, invitatemi.

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About Musik

Conosco a memoria "Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma che non avete mai osato chiedere". Il libro, non il film. L'ho letto a 15 anni. Me l'aveva regalato mio padre. Sono cose che lasciano il segno.
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2 thoughts on “Il balcone di Giulietta

  1. Due cose:
    – ma per “una tizia che boh, sembra carina ma piccolina” intendi una prima, vero?
    – i 16 preservativi li hai poi usati per vomitarci dentro?

    Scherzi a parte, mi stavo immedesimando, ci stavo credendo, stavo facendo il tifo per te e sul più bello … mi hai fatto ridere.

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