Lettera 22, Trashic

BIM BUM BAM KETAMINA – Claudia Grande – Il Saggiatore

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Le persone ci piacciono e non ci piacciono per i motivi più diversi.
A volte capita di sentire una vibrazione, cogliere una luce che ci è affine.
Percepire un’energia che riconosciamo nel nostro spettro. Tutti viviamo le stesse cose ma quella persona – ci diciamo – ha vissuto alcune cose come le ho vissute io.
Tendo a voler stare da solo, il mio spettro non è molto ampio, accolgo tutti ma non entrano in molti. Forse nessuno davvero.
Proprio per questo quando accade di avvertire una affinità, un tic che è anche mio, non ho vergogna: ho l’entusiasmo ottuso dei cani.
So che in qualche modo quella persona mi è amica.
Penso alla scena finale di “Le conseguenze dell’amore” di Sorrentino: Titta pensa all’amico, sa che non si rivedranno, ma sa che c’è lì da qualche parte, e questo basta a emozionarlo. Non c’è quasi più niente a fargli battere il cuore, ma questo sì.
Sarò banale ma è una scena che mi spezza in due.
Punto. Ci ritorniamo dopo.

Ho colto in Bim Bum Bam Ketamina qualcosa che è mio quindi. Che mi piace. Che mi parla.
La mia educazione letteraria è quella dei primi anni duemila: a sedici anni al liceo ti interessano un paio di cose e nessuna delle due è sicuramente l’autrice Paola Mastrocola. La professoressa di Italiano ci obbligava a leggerla ma non ricordo assolutamente nulla se non le copertine Guanda e l’idea che fosse come mangiare pasta scotta.
I primi veri pruriti per la lettura nacquero con i libri suggeriti da mio zio. Cult – oggi – della realtà letteraria italiana fine anni ’90 primi 2000.
Gioventù Cannibale – Einaudi, Woobinda – Castelvecchi, Veronica dal Vivo – Transeuropa; sono stati la mia trinità, il mio approccio alla lettura adulta.
Il mio imprinting sta tutto lì. Praticamente la sintesi di un genere: i cannibali. Non sto dicendo che siano l’azimut della letteratura mondiale, ma per me prenderli in mano è come tornare a casa.
Ovviamente negli anni ho ritrovato libri, racconti, singoli autori che un po’ richiamano quelle atmosfere. Mi vengono in mente Alessandro Turati (con “Le 13 Cose”, Neo Edizioni, ed esempio) , Emanuele Kraushaar (con “Maria De Filippi”, Alet) tra i recenti, che però attraversano il genere, non lo percorrono (li reputo più trasversali e non appartenenti ad esso). Ribadisco che non c’entrano nulla, non voglio etichettare nessuno, ma riescono comunque a centrare alcuni must come l’effetto catartico di alcune scelte narrative forti, l’autoironia; il lirismo naturale che hanno le cose basse, brutte e sporche quando le guardi bene.
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BIM BUM BAM KETAMINA, è il primo testo che potrei – invece – re-inserire nel genere in pieno senza sbagliare. Non so l’autrice, ma il libro sì. E’ una mia opinione. Per me, ribadisco per me, centra in pieno il genere. Quasi trent’anni dopo. Non so quanto la cosa sia volontaria, non credo, ma sta lì. E’ come casa.

E’ curiosissimo ed estremamente interessante come tutto sia radicalmente nuovo rispetto a trent’anni fa, eppure evidentemente – visto che qualcuno coglie e rappresenta scenari simili – il senso di disagio, di frustrazione, di paranoia, la voglia e necessità di dissociazione anche estrema da una realtà a tripla velocità siano – ancora – la evidente reazione naturale a qualcosa che non riusciamo a gestire, a controllare, che rispetto a noi è davvero altro.
Siamo scimmie che non fanno in tempo ad assorbire una novità che ne arriva un’altra. Siamo indietro e assolutamente fuori luogo. Il nostro cervello purga e produce pensieri crudeli, malessere. C’è chi riesce a fare pulizia, chi ha bisogno di farsi un pianto immotivato, chi per placarsi si fa fuori da solo una pala di pizza da un metro e mezzo, due supplì e una coca grande e chi annichilisce una classe di scuola elementare con un fucile semiautomatico regolarmente acquistato.
Sta a chi ha la sensibilità di vedere tutto questo rappresentarlo, ordinarlo e renderlo estremo e lampante. Scriverlo.

All’inizio pensavo che BBBK (abbreviamo il titolo) fosse una raccolta di racconti, l’ho comprato pensando questo. Poi in realtà il testo è costruito in modo più sapiente e meno spezzettato di quanto pensassi, di quanto mi aspettassi, e alla fine tra impalcature, reti, strade e ponti mantiene assoluta unità.
Roberto potrebbe essere uno dei tanti protagonisti ma è quello principale: l’espediente narrativo che fa da collante tra le storie del – grazie a Roberto – romanzo.
Roberto racconta e partecipa, guarda osserva, mastica e sputa. E’ una spugna, non è esente dalle brutture che osserva. Non è super partes. Roberto è volontà di potenza. Roberto è un tuttofare che vende se stesso e il suo tempo in BBBK, e lo fa letteralmente e lettarariamente mettendosi a completa disposizione di Claudia Grande. Avrà anche una sua evoluzione, un suo percorso personale, bisogna dirlo. Vive di vita propria.
Il libro è dedicato a Roberto e se lo merita tutto infatti.
Sarà lui a raccontarci le sue esperienze di lavoro e di vita. Incontreremo grazie a lui un mondo di meschinità piccole e grandi domande.
Noi siamo piccoli. Ce lo ricorda lui e la sua autrice.
Facciamo schifo con le nostre paure e i nostri desideri miserabili. Cosa saremmo disposti a fare per un po’ di rispetto, di soldi, di fama; per una scopata?!

In BBBK quindi grazie a Roberto leggeremo molte storie (non voglio raccontarle singolarmente) quelle di Oliva, di Manlio, di Remo etc etc. Tutte o quasi assolutamente “verticali”. Ho avvertito almeno tre livelli di lettura, come in un film Disney vecchia scuola spaccadenti. Qua sotto sotto sotto, all’ultimo stadio, non troviamo le scritte “SEX” tra le stelle, o due tette inquietanti come in “Bianca e Bernie nella terra dei canguri” ma filosofia pura. Tra una storia e l’altra andavo a sfogliarmi “La Meravigliosa Vita dei Filosofi”, di Masato Tanaka (consigliatissimo) per capirci qualcosa, perché mi serviva una summa rapida e perché a memoria non so niente perché non ho studiato abbastanza.

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C’è Nietzsche di sicuro, tanto, e infatti mi ha ricordato il malessere di Von Trier in alcuni passaggi, come in The House That Jack Built.
Tre livelli ecco: uno quello base, il piano “0” quello “cannibale” con l’osceno, il fuori scena, spiattellato così senza filtri, analizzato sì, costruito su pagina, semplificato per farcelo digerire certo, ma comunque nudo e crudo; sotto c’è la filosofia pura, la volontà di potenza di Roberto e degli altri; il nichilismo attivo e passivo. E in mezzo? In mezzo ci sta un sapore diverso che è quello del linguaggio; il sapere e la capacità di movimento di una autrice e copywriter che nel 2023 nuota sul web come fosse casa sua. Questa capacità, questa velocità di pensiero e conoscenza del media che è difatti il nuovo mondo, si percepisce. Questo è il layer che dà al romanzo il suo respiro speciale e lo inserisce in quest’epoca e non in quella “cannibale” precedente. E’ una sfumatura diversa ma si percepisce, ha un peso importante. BBBK è sì del genere, non ci sono dubbi (IMHO), ma è un aggiornamento al 2023.

Le cose, le persone – dicevamo all’inizio – ci parlano: siamo bestie semplici. Misuriamo tutto col nostro metro, proiettiamo le esperienze degli altri sulle nostre per capirle meglio, per leggerle coi nostri occhi. Spesso cambiando metro ovviamente sbagliamo, ma non è colpa nostra. E’ già tanto quando cogliamo qualcosa e ci proviamo.
L’arte ha questo effetto, ci fa provare a capire scarabocchi che abbiamo dentro e che non sappiamo spiegare. A volte resta comunque tutto ingarbugliato ma riconosciamo in un quadro, una scultura, una performance, qualcosa che è nostro. Che dentro di noi c’è. Ne siamo sicuri.
Claudia Grande parla di qualcosa che dentro di me c’è. C’è in Manlio, Remo, Roberto. C’è in tutti in realtà. Il pensiero intrusivo, la paura, il baratro che siamo troppo pavidi da affrontare.
Leggerlo è stato come tornare a casa. Claudia Grande è una mia amica. Io questo lo so. Lei no.
Come nel film di Sorrentino mi caleranno in una pila di cemento liquido e mentre affondo penserò a Claudia Grande che smonta pali della luce in Trentino con una chiave inglese di venticinque chili e un caschetto rosso tipo quello dei DEVO, la malinconia la aggredisce e si mette a pensare, e con lo sguardo rivolto al cielo pensa che io, Paolo, ho scritto proprio una cagata.

qua ormai faccio come me pare quindi se vi va di ascoltare, mentre scrivevo sentivo questa:

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About E. A. Paul

Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, E.A.Paul si trovò trasformato in Enrico Beruschi
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