Lettera 22

GUIDA ALLA CONFEDERATIONS CUP

foto ciullata a http://infotravel.com/

Mogli, fidanzate, sorelle, figlie, ninfomani tenetevi forte: sta iniziando la Confederations Cup. Si scrive così, ma lo dovreste leggere: motivo che porterà i vostri mariti, fidanzati, fratelli, padri, quellolacarinochequasiquasi a restare a casa attaccati alla tv, in infradito, canottiera tattica e birra. Sono due settimane di partite, programmi di approfondimento, curiosità, moviole e dibattici tecnico-tattici. Ci sarà da divertirsi.
La Confederations Cup (coppa delle Confederazioni) non è altro che una sfida tra le vincitrici delle varie coppe continentali (Europeo, Coppa America, Coppa D’Africa e qualunque cosa si giochi in Asia, America Centrale e Oceania) più il Paese ospitante e i campioni del mondo, in un torneo che si disputerà nel Paese che l’anno successivo ospiterà i Mondiali, quindi il Brasile. Siccome la Spagna ha vinto Europeo e Mondiale, ci sarà anche l’Italia ad ammirare i culi delle brasiliane, in quanto seconda all’Europeo. Ci saranno quindi, oltre a noi, iberici e verdeoro, anche Messico, Uruguay, Giappone, Tahiti e forse la Nigeria. Forse, perché gli africani non sono ancora partiti, in aperta polemica nei confronti della propria Federazione, rea di aver tagliato i premi ai giocatori. Prima che vi scanniate con cose tipo “come si permettono, in Nigeria i bambini muoiono di fame”, occorre precisare che i tagli non derivano dalla crisi, bensì dai pessimi risultati (un pareggio e una vittoria di misura) raccolti.
Otto (forse sette) squadre, raggruppate in due gironi da quattro squadre. Le prime due di ogni girone si sfideranno nelle semifinali, chi vince va in finale. Chi vince anche la finale vince un premio che, come importanza, si colloca tra il pupazzo preso con il gancio al centro commerciale e  il trofeo Birra Moretti.

L’Italia arriva a questa rassegna carica a mille: prima di partire alla volta di Rio de Janeiro ha pareggiato 0-0 una gara di qualificazione mondiale contro la Repubblica Ceca, partita nella quale Buffon è stato il migliore in campo e nella quale i cechi ci hanno ridicolizzato senza appello. Arrivati in terra carioca, ha pareggiato 2-2 un’amichevole contro Haiti, Paese che non ha un campionato nazionale e i cui giocatori sono operai, pescatori e ferramenta, facendosi rimontare due gol negli ultimi sette minuti e facendo la figura di merda più grande  da tre anni a questa parte. Tuttavia non sarà facile fare peggio: nessuna squadra vuole realmente vincere, sia perché la Confederations Cup porta una sfiga che non vi dico, sia perché se giochi concentrato e voglioso nella patria di Adriano, Robinho e Pato poi passi dalla parte del torto. Nel girone se la vedrà con Messico, Giappone e Brasile in quello che è giù stato ribattezzato “il girone di ferro”. Grazie al cazzo: nell’altro sono solo in tre e una delle tre è Tahiti.

Personalmente amo la Confederations Cup. Non tanto per il gioco spumeggiante o la concorrenza spietata, né perché è l’unica cosa che assomigli realmente al calcio da quando è finita la Serie A. Amo questa competizione perché le donne che non si sono mai cagate il calcio la ignorano. Ciò mi permette di andare al pub, in pizzeria nei locali a vedermi la partita senza sentire un “passala al blu” o “arbitro è fallo” o ancora “chi ha segnato? Noi o loro?”. Questo non è il Mondiale o l’Europeo. Ora le donne che passano 11 mesi l’anno a maledire il calcio, passeranno giugno a maledire il calcio. Poesia.

Qui e solo qui, in questo magazine così eclettico che ti caghi da quanto siamo eclettici, potrete seguire la Confederations come nessuno ve la proporrà mai. Stay tuned, stay molto tuned.

P.S. Pronostico secco di Allorio: vince l’Uruguay.

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About Allorio

Ama lo sport, ma non viene granché ricambiato e, probabilmente, se chiedeste a Lui (lo sport) direbbe che non si sono mai visti. Nasce a Cagliari, dove capisce che a scrivere se la cavicchia, mentre a scrivere stronzate è proprio un fenomeno. Bisogna solo stabilire se è merito suo o colpa della pochezza di Cagliari. Cresce artisticamente a Quartu Sant'Elena e questo di per sé fa già molto ridere. Quasi maschilista, quasi sessista, quasi una persona pessima.
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