Se al momento qualcuno mi chiedesse “quasli sono le massime espressioni del metal moderno?”, la risposta migliore che potrei dare è “Devin Townsend ed i Periphery”, e ieri, al Live Music Club di Trezzo sull’Adda ho avuto la possibilità di vedere, in un colpo solo, entrambe queste band dal vivo. Tralasciando i problemi logistici per raggiungere il live, sono riuscito ad arrivare con molte ore di anticipo, e questo mi ha permesso di fare due chiacchiere con gli altri fan giunti sul luogo e anche di avere un ottimo piazzamento per il concerto: seconda file centrale.
Ad aprire la serata, puntualissimi alle 20.30 sono stati gli Shining, band norvegese che propone un miscuglio di crust, mathcore, industrial e hardcore: una vera e propria rivelazione per me. Sono rimasto stupito dal loro sound grazie anche agli inserimenti di sassofono del cantante/chitarrista, che ha dimostrato di avere dei polmoni incredibili; se amate gruppi come gli “Horse, the band”, non potete farveli scappare.
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Arriva poi il turno, anche loro puntualissimi, degli americani Periphery che sin dal primo pezzo, “Icarus Lives!” dimostrano in pieno di che pasta sono fatti con il loro Djent e con il muro sonoro di tre chitarre. La loro esibizione si costituisce quasi interamente (6 pezzi su 8) da brani del loro ultimo doppio lavoro “Juggernaut“. Spiccano “22 Faces” e “Psychosphere”. La chiusura è stata effettuata con “Graveless“, ma non prima che il cantante Spencer Sotelo mi chiedesse se ero un loro grande fan e poi obbligasse (“you guy with the glasses!” mi ha detto) a dare inizio ad un grosso circle pit per l’ultimo brano; ovviamente non me lo sono fatto ripetere due volte, ed è stato un vero e proprio delirio che ha fatto tremare il Live Music Club. Dopo circa 45 minuti il loro spettacolo era finito, quindi stava giungendo il turno del canadese più amato dai metallari.
![IMG_20150308_212316](https://www.trashicmagazine.it/wp-content/uploads/2015/03/IMG_20150308_212316-225x300.jpg)
Precisissimo anche lui, alle 22:30 sale sul palco Devin Townsend, l’uomo nato (musicalmente) due volte, prima come cantante e chitarrista degli Strapping Young Lad e poi come solista. L’apertura è assegnata a “Truth“, pezzo tratto da Infinity (uscito nel 1998), infatti anche se ci si aspettava tutti un live promozionale del suo ultimo album “Z2” (uscito a Ottobre 2014), l’artista canadese ha preferito proporre brani più “di nicchia” rispetto a quelli del suo ultimo lavoro (dal quale ne ha estratti solo tre, per la precisione “Fallout“, “Rejoice” e “March of the Poozers“), preferendo riproporre dal vivo pezzi che non aveva mai eseguito, come ad esempio “Heartwave“, al fine di festeggiare i suoi 20 anni di carriera. La spettacolo è sensazionale, tra la musica, eseguita magnificamente, ed i siparietti del buon Devin, che riesce a divertire e a divertirsi, coinvolgendo il pubblico in ogni momento, dai dialoghi su quanto parlino realmente l’inglese e non urlino soltanto ad ogni frase, fino alle “manine jazz” su “Lucky Animals“. Ma forse in tutta la serata il momento più emozionante è stata l’esecuzione di “Ih-ah!“: il solo Devin sul palco ha fatto cantare tutto il pienissimo locale per permetterci di essere, per una sola sera, delle Rock-Star. A questa esibizione è state anteposta una piccola chiacchierata con il pubblico, che era così assorto nell’ascoltare da riuscire a sentire tutto anche senza microfono. Ci siamo emozionati.
Capisco che con queste poche righe io non riesca a spiegarvi come è stata la serata di ieri, proprio perché artisti simili vanno visti dal vivo (unica grande pecca: i volumi erano completamente sballati. Spesso le voci scomparivano e si sentiva solo la batteria). L’idolo canadese si è confermato forse il miglior show-man nel mondo del metal: da quando si è disintossicato da tutto quello che fa male (ma dalla panza, deduco non dai carboidrati) ha indirizzato tutto il suo amore verso il suo pubblico e la sua musica.
Torno a casa con la scaletta dei Periphery autografata dal bassista Nolly, con il suo plettro e quello del chitarrista Misha Mansoor.