Trashic

MASSCULT & MIDCULT; Macdonald, Gambino, Beyonce, Signorino

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Questa non è una vera e propria recensione, quindi partiamo dalla fine e cioè dal testo di Umberto Eco che chiude questo bel saggio del 1968: “Masscult e Midcult” di Dwight Macdonald (tradotto da Mauro Maraschi per la nuova edizione di “Piano B”).
In questo epilogo troviamo ad un certo punto un riferimento al critico di professione ed al rischio che questo si costruisca, dall’alto di un malriposto senso di superiorità, un gusto involontariamente snob: <<egli non amerà certo ciò che ama il pubblico medio, ma in compenso odierà ciò che esso ama; in un modo o nell’altro è ancora il pubblico medio a dettar legge, e il critico aristocratico è vittima del suo stesso gioco.>>
Tenendo a mente questo estratto che condivido in pieno, andiamo avanti.

C’è un motivo per questa ammonizione di Eco. Se leggerete il libro non potrete – ad un certo punto – non ritenere Macdonald un po’ snob e a tratti nostalgico. Anche Hemingway è messo sotto la sua lente di ingrandimento con “Il vecchio e il mare” portato come esempio lampante di Midcult (a breve vedremo cosa vuol dire).

Qual è l’ipotesi del saggio di Macdonald?
La cultura alta si sta estinguendo. Dalla rivoluzione industriale in poi, con la possibilità di massificare i prodotti d’arte nasce la necessità di accontentare una nuova comunità, quella dei fruitori: il pubblico.
Sono lontani i tempi  in cui si creava per una cerchia ristretta, per una comunità di pari per cultura e rango, per essere giudicati avendo come unico scopo la ricerca dell’alto assoluto facendo a gara a chi ce l’ha più grosso.
Ora si deve – nel senso più ampio del termine – VENDERE e non è necessariamente una buona cosa per la qualità che da qui in poi  tenderà irrimediabilmente all’appiattimento.
Gli elementi probatori, e soprattutto gli esempi, di questa sua teoria sarebbero molteplici anche se datati, ma tutti intercambiabili dal lettore con proiezioni personali e più contemporanee (il testo è del ’68).
In questo suo slancio ai limiti del luddismo Macdonald quindi procede dividendo le opere moderne in due categorie:

-Del MASSCULT fa parte tutto ciò che è pop, medio, mediocre, prodotto appositamente per essere consumato dalle masse, non ha finalità necessariamente artistiche ed è tuttavia, proprio per questa sua decisa prerogativa, onesto.
<<[Pag 21] “tutti i libri di cui vengono acquistati i diritti per trarne un film hanno una qualche qualità specifica che, nel bene e nel male, li ha resi degni di nota. A Hollywood, una folta schiera di sceneggiatori, pagati anche profumatamente, ha il compito di individuare questa qualità, isolarla e distruggerla […] Questo processo si chiama “leccare il libro”>>

-Al MIDCULT invece appartengono quei prodotti con grandi ambizioni che però per mancanza di talento dell’autore o per sua disonestà, galleggiano sopra al livello medio con qualche exploit senza raggiungere mai vette assolute.

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Sarà difficile disfarsi da questo metodo di classificazione. Da quando ho chiuso la lettura non faccio altro che domandarmi: “Questo è masscult o è midcult?”

In questo gioco che fa molto “Ma cos’è la destra? Cos’è la sinistra?” di Gaber, “Vacanze di Natale ’95” potrebbe essere definito senza possibilità di esser smentiti un prodotto Masscult, mentre “MOTHER!” di Darren Aronofsky apparterrebbe al Midcult invece, perché pur criptico e con velleità “alte” non può fare a meno di attori Hollywoodiani e di elementi pop – come la fotografia patinata – per raggiungere un pubblico vasto verso il quale dovrà dimostrare per forza una certa indulgenza e referenza.

Ovviamente lo svolgimento della tesi di Macdonald è molto più ampio e articolato e non si limita a questa dicotomia.
I produttori influenzano i gusti delle masse o sono le masse a dettare legge? Se fossero dati in pasto alle masse solo prodotti di cultura alta, questi sarebbero consumati con la stessa foga rivolta al Masscult? Cosa è la massa? Cos’è una comunità? Cos’è il pubblico?
Insomma si tratta di un saggio stimolante che ci fornisce un gran numero di ipotesi e di esempi.
E qualora non ci dovessimo trovare perfettamente d’accordo con le idee dell’autore ne usciremo comunque sicuramente arricchiti.
Con molta onestà bisogna però ammettere che è evidente, nonostante una lettura molto (e ribadisco MOLTO) piacevole e stimolante, che le conclusioni di questa lunga elucubrazione di Macdonald siano già state ampiamente – e giustamente – superate.

Il mercato si è evoluto e non si era previsto Internet forse.
Portiamo nuovi esempi, nuove categorie all’interno del dibattito.
Molto scalpore ha destato Young Signorino per esempio, un prodotto antisistema che piace alla comunità intellettuale perché ha quel “je ne sais quoi”. Un buco nero che implode e brilla? O un semplice incidente stradale al quale ci si ferma a dare un’occhiata e – se si è giusto un po’ temerari e cinici – a scattare un selfie?
Dove inserirlo?
Onestamente il mio modesto parere è che si tratti solo di un Bello Figo sul quale qualcuno (addirittura Big Fish) ha investito dei soldi, e funziona. E’ appunto un incidente stradale, qualcosa di cui chiacchierare a cena.
Non è certo Masscult, nè Midcult.
Non è un prodotto che piacerebbe a mia nonna né possiede – che resti tra noi – alcuna ambizione artistica.
È il brutto che fa il giro per diventare non dico bello ma quantomeno originale anche a causa di un pubblico con un crescente gusto per l’orrido e il cattivo gusto. È un istante di sfogo dal nostro Masscult piatto e radicato.
Young Signorino quindi non è Duchamp, non è parodia dell’arte. è altro. Figlio del Meme al massimo, non – ahinoi – di Satana.

Un’altra cosa che faccio fatica ad inserire in questa dicotomia MASSCULT/MIDCULT sono gli ultimi due mondo-clip sfornati dalla comunità d’elite afroamericana: “This is America” del talentuosissimo Donald Glover (aka Childish Gambino) e questo “APES**T” della coppia Jay-Z / Beyonce (insieme nella vita e adesso anche nel progettino parallelino piccino picciò “THE CARTERS”).
A mio modesto parere sono figli di un processo nuovo: non si “lecca il libro”, non lo si modella per appiattire, anzi si procede all’inverso, rilevando una categoria bassa e à la page (la trap, l’indie rap, quello che adesso va di moda tra i giovanotti insomma, cough cough, oplà) e la si porta al limite del salto quantico estetico e contenutistico (diciamo che siamo più alti di Kendrick Lamar e ci fermiamo prima della sgradevolezza dei Death Grips in ogni caso).
È una storia vecchia: è il mediocre sublime. Abbastanza buono da far gridare la massa al capolavoro, abbastanza basso da restare comprensibile. Questa cosa del mediocre sublime però fa un po’ troppo Fabio Volo: con questi due videoclip siamo oltre, perché c’è un messaggio e c’è una volontà creativa netta, visibile, e riuscita.
Parliamo comunque di pop ma sfido chiunque a dire che “This is America” e “APES**T” non siano prodotti alti o quantomeno ben aldisopra della media, siamo nei pressi della zona MIDCULT certo, ma come ho già detto la genesi è differente.

Come Young Signorino (se ci fate caso) sono anche questi ultimi dei prodotti antisistema promossi dal sistema; è paradossale ma, in questa fuga dalla massa alla ricerca continua di una comunità sempre più esclusiva nella quale autoetichettarci, funziona.
C’è un filo rosso dunque, ovviamente con le dovute eccezioni, ma lo abbiamo trovato.
Per sembrare originali e ribelli organizziamo una protesta col consenso della comunità contro la quale protestiamo, ma mettiamoci d’accordo col bibitaro e col paninaro e con chi riesce a tirarci su due lire, dividiamo i proventi e siamo tutti felici. E poi scriviamolo su facebook.

Ci vuole onestà e spirito di osservazione insomma, ma come dice Eco non bisogna cadere nell’errore di giudicare attraverso i gusti di chi ci sta attorno. Dobbiamo crearci un gusto proprio. Ma capisco che non è cosa da tutti.
Come fai ad apprezzare una nota di mentuccia nello tzaziki se mangi (e per carità ci può anche stare) sempre sasizza e pasta cu sucu? D’altra parte non bisogna essere troppo provinciali: non è che se per una volta provi un buon sushi, la lasagna di tua mamma diventa una cosa da plebei?! Resta delicatissima!
Nel 2018 è da equilibristi restare fedeli a se stessi contro se stessi e gli altri.

Per concludere, il saggio dei Piano B è stato un’ottima scusa per ragionare sul senso di ciò che ci viene proposto quotidianamente: perché dovrebbe piacerci? Perché chi investe dei soldi pensa che dovrebbe piacerci? Perché ho comprato questo saggio?
Quando sarete sicuri di qualcosa in merito fatemi un fischio che c’ho pronto un progettino di Trap-Folk in dialetto Licatese niente male.

 

 

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About E. A. Paul

Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, E.A.Paul si trovò trasformato in Enrico Beruschi
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