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Giuseppe Casa su Trashic Magazine

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Aspettavamo l’occasione giusta per riaprire i battenti.
Dopo mesi di silenzio abbiamo avuto la possibilità di collaborare sulla media distanza con un autore che da sempre ci piace e disturba.
Abbiamo colto al volo l’opportunità e la sfrutteremo per portare contenuti più forti e maturi.
Apriamo con Giuseppe Casa quindi, ed una serie di racconti che usciranno senza troppa fretta a partire da oggi.
Siamo felici di ospitare questa proposta.

Giuseppe Casa torna ai racconti dopo anni dalla sua raccolta cult Veronica dal Vivo, più volte ristampata da vari editori.

Ci proponiamo di pubblicare i nuovi racconti, che come in Veronica tentano di analizzare il presente, ma con incursioni verso il fantastico, l’ucronia, l’horror, l’ambiguo, il weird. Le definizioni di genere sono molto fumose, se non inutili. 

La contaminazione dell’immaginario avvenuta per mezzo della tecnologia ha creato un’ansia di realtà aumentata. L’obiettivo non è più decifrare i codici del reale, ma indagarne l’ambiguità.

Dice l’autore:

“La vita sociale si é complicata: non é più il mercato ad influenzare la massa ma il contrario, sono rimasti solo gli sciocchi a rifiutare i “corsi di scrittura”, gli spettacoli televisivi e i benefici dell’iperconformismo”

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Forse, c’è una proposta politica, in questi racconti, un diverso codice etico, che non a tutti può risultare piacevole. Giuseppe Casa non ha mai offerto facili consolazioni nei suoi libri.

Allora iniziamo con, “La porta”, il viatico d’elezione per entrare nel mondo oscuro e surreale dell’autore.

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La mia esistenza nel mondo di tutti i giorni ormai era vuota quanto una chiesa nei giorni feriali.
Avevo pochi amici, forse, nessuno. Sembrava proprio che non mi sforzassi ad averne.

Quel giorno il cielo si era rischiarato, ma rimaneva cupo. Vagavo per le strade cittadine quando mi ritrovai di nuovo di fronte alla porta di un vecchio edificio biancastro. Una porta ad arco, con  volta in pietra sostenuta da puntelli per l’edilizia. All’ingresso c’era sempre un guardiano. Scambiai due parole con l’uomo. Dietro la porta s’indovinava uno spazio vuoto, forse un corridoio. Poi, l’uomo, si era messo a disposizione per accompagnarmi all’interno.

Non sapevo se fidarmi. Ma quando qualche giorno dopo sono tornato e alla porta non c’era nessuno, sono entrato.

La natura vera e propria della porta mi è stata taciuta per motivi di sicurezza. Mi avevano sempre detto di non voltarmi indietro, una volta superata la soglia.

Mentre proseguivo, mi ritrovai in uno spazio angusto e fui colto dalla vertigine, da un momento di panico, durante il quale mi convinsi che quello che stavo per fare era giusto.

L’oscurità mi avvolgeva come un’entità fisica. Non potevo nemmeno dire che fosse una presenza sinistra… Inutile nascondere la verità. Non reagivo più come una volta. Sentivo che dentro di me, intorno a me, qualcosa era cambiato.

Sapevo che mancava poco… a cosa? Era da una vita che mi sentivo dire che ero un tipo troppo controllato, ma non è vero. Non ho mai avuto nessun controllo su di me. Mi sono sempre limitato a funzionare. Il mio lavoro mi è sempre parso un futile tentativo di salvarmi da ciò che credevo di essere, e a furia di fingere ero diventato una discreta copia di ciò che imitavo.  Ero  solo schiavo dei miei bisogni, della mia sicurezza e valutavo troppo attentamente le conseguenze delle mie azioni, tanto da ritrovarmi con una vita che mi disgustava.

Stavolta però le cose erano diverse.

Scivolai lungo un muro e poco dopo mi ritrovai davanti a…

Sarei dovuto scappare ma non lo feci. Un’ombra enorme strisciava verso di me…

Quando finalmente mi alzai stavo tremando, credo. Non so se sono in grado di rendere a parole l’enormità di quel momento e di  ciò che provai. Mi avevano detto che durante la “permanenza” forse avrei visto cose che non esistevano. Per un attimo, un attimo soltanto fui privo di forma. Fu allora che decisi di barattare la mia sicurezza con qualcos’altro. E qualunque cosa fosse accaduta in futuro sapevo che ormai ero in grado di entrare e uscire dalla porta. E la domanda non era più di chi potevo fidarmi, ma chi poteva fidarsi di me?

  

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About E. A. Paul

Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, E.A.Paul si trovò trasformato in Enrico Beruschi
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