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Dicono che domani ci sarà la guerra, di Franco Arba Sanna

Qualche giorno fa un amico mi raccontava la faccenda di un blogger che era stato sputtanato nella sua pagina Facebook da un utente qualunque e aveva deciso di bloccare l’utente suddetto. Il mio amico bollava questo atteggiamento come fascista.

Io ho un problema con l’aggettivo fascista, o meglio, ho un problema con il suo utilizzo disinvolto. Quando si utilizza troppo un termine, il suo significato inizia a perdersi. Quando qualunque atteggiamento prepotente o censore è definito fascista, si perde il senso di cosa fu, davvero, il fascismo. Il fascismo non era solo prepotenza al potere, il fascismo era la prepotenza che ti veniva a prendere a casa, ti portava in strada e ti cercava l’anima a forza di botte.

Qualche giorno dopo mi è capitato tra le mani il libro Dicono che domani ci sarà la guerra, dello scrittore esordiente sardo Franco Arba Sanna e mi sono rasserenato: qualcuno mi stava restituendo il significato del fascismo e non solo di quello.

Il protagonista del libro, Enrico, è un pastore sardo che viene chiamato per sa gherra manna, come i sardi chiamavano la prima guerra mondiale. In guerra Enrico impara a sparare, ad uccidere, impara perché la guerra è bella. Enrico parte ignorante, senza una famiglia da cui ritornare e ritorna un poco più studiato, e ritorna per qualcuno. Il romanzo è una storia d’amore per una donna ed è una storia d’amore per una terra, ma soprattutto, per la propria libertà.

L’autore fa muovere Enrico nel contesto storico, ma anche letterario, delle due guerre. Chi ha letto Lussu non può non fare un sussulto per come il personaggio de su malaìttu, il maledetto, entra in scena. Inoltre, per tutto il libro sembriamo inseguire il “giornalista sardo che viene da Torino e va al Congresso di Bologna”, ovvero Antonio Gramsci, che dal regime fascista fu mandato al confino prima e incarcerato poi, mica bloccato su Facebook.

Il libro avvincente e la componente sarda è in realtà solo marginale. Descrivi il tuo villaggio e sarai universale, diceva Tolstoj e sono certo che molti siciliani riconosceranno la diffidenza di Enrico per i continentali e molti pugliesi saranno d’accordo con ma noi non ci capiamo dal Sud al Nord. Il sentimento di alienazione degli uomini che morivano per l’Italia senza sentirsi italiani fu comune a tutti, soprattutto a chi veniva delle zone rurali, dove le notizie arrivavano attenuate e un re valeva l’altro. Per avventurarsi nella lettura, converrà però procurarsi un amico sardo che possa tradurre alcune battute. Perché se l’esclamazione “che vergogna!” è umiliante, dire “arratza brigungia” è un colpo al cuore.

Dicono che domani ci sarà la guerra non è il primo romanzo che parla (anche) del fascismo, né sarà l’ultimo. Ma finché un blogger che blocca un utente verrà chiamato fascista, ci sarà bisogno dei romanzi che ci restituiscano la memoria di quale merda fu, davvero, il fascismo.

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About Musik

Conosco a memoria "Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma che non avete mai osato chiedere". Il libro, non il film. L'ho letto a 15 anni. Me l'aveva regalato mio padre. Sono cose che lasciano il segno.
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